Acqua azzurra, acqua filtrata

Seeeee…hai scoperto l’acqua calda! si diceva una volta, ora invece abbiamo scoperto l’acqua del rubinetto!

L’ultimo must have in cucina, infatti, sembra essere la caraffa filtrante che ormai se non ce l’hai sei un fesso. Ma sto fantomatico filtro il suo lavoro lo fa davvero? Sembrerebbe proprio di sì!

La caraffa, e più specificatamente la cartuccia filtrante, è un gioiellino tecnologico 🙂 è formata da ben 4 diversi passaggi di filtrazione: due sono filtrazioni fisiche, simili al colino che si usa in cucina (cioè passano solo le cose che sono più piccole della maglia) le altre due invece sono quelle più peculiari e che catturano la nostra curiosità chimica 😉  Il primo strato in questione è addirittura una RESINA A SCAMBIO IONICO! Le resine sono delle palline che risultano “solide” e “piene” ad occhio nudo ed anche con i comuni microscopi utilizzati nei laboratori più diffusi (quello conosciuto e provato senza troppa convinzione a scuola, quello che ci ha portato Babbo Natale quando da piccole sognavamo già di diventare piccole chimicaMENTI…). In realtà la loro struttura è molto “aperta”, assomigliano ad un gomitolo di lana rado o arrotolato con mooooooolta poca voglia. All’interno di questa matassa ci sono degli IONI, atomi con una carica elettrica che può essere sia positiva (in tal caso parliamo di cationi) che negativa (anioni), blandamente legati ai “fili” che compongono la nostra matassa. Tali cariche negative sono del tutto simili al Nord e al Sud di un polo magnetico (bussola) o al + e – di una comune batteria. Quando l’acqua passa attraverso il “letto” fatto di resina a scambio ionico, si stabilisce un contatto intimo tra le particelle disciolte in acqua e gli ioni che possiamo definire anche “centri di scambio”. A questo punto avviene lo scambio! Facciamo un esempio… La nostra resina, o meglio, il nostro gomitolo ha delle perle di sodio (Na+) che sono legate in modo molto approssimativo e labile alla matassa. Quando vicino alle perle di sodio passa una perla di magnesio o di calcio (dissolta nell’acqua che sto filtrando), il sodio viene spodestato dalla sua posizione ed il magnesio, o il calcio, si posizionano nella matassa al posto suo. Questo avviene perché l’affinità di calcio e magnesio per la resina, è molto maggiore di quella del calcio. Ci hanno insegnato che si somiglia si piglia, bè è del tutto vero IL SIMILE VA COL SIMILE … in chimica almeno 😉 . Ma torniamo a noi, che fine fa il sodio cacciato dal gomitolo? Ovviamente il sodio passa nell’acqua e questo scambio è il processo di addolcimento dell’acqua. Provate a far bollire una pentola di acqua filtrata finché la pentola si svuota, non troverete i residui bianchi sui bordi della pentola e cioè non ci sarà calcare… quindi una buona idea potrebbe essere quella di utilizzare acqua filtrata per preservare il ferro da stiro… ve ne sarà grato

Ovviamente, dopo un certo numero di passaggi di acqua da filtrare, la matassa sarà piena di perle di calcio e magnesio che, stando così bene legate a quei fili, non si faranno cacciare dalla loro posizione da nessun altro ione. La cartuccia filtrante sarà quindi esausta – provate voi a fare tutto sto lavoro di continuo, con quegli umani assetati che vi guardano!

Ma continuiamo il viaggio attraverso la cartuccia – l’acqua addolcita, dopo essere passata attraverso lo strato di resine a scambio ionico, passa attraverso un letto di carboni attivi. I carboni attivi sono granuli di materiale molto poroso che quindi presenta un’amplissima superficie: ogni granulo è formato da canali interni, rugosità cave e non che lo rendono estremamente disomogeneo e allo stesso tempo capiente, insomma un sacco di spazio dove infrattarsi. Mentre l’acqua attraversa tutte ‘ste superfici, le particelle presenti vengono trattenute fisicamente nella superficie del carbone. Ovviamente non tutte le particelle disciolte vengono trattenute! La rimozione dipende dalla loro dimensione, da quanto stanno bene nell’acqua, dalla temperatura dell’acqua, dalla loro tensione superficiale, … In linea di massima un carbone attivo riduce la presenza di eventuali pesticidi, erbicidi (atrazina), solventi, e altre schifezze che possono trovarsi nella nostra acqua. Ma anche il carbone dopo un po’ si stufa… LE CARTUCCE FILTRANTI VANNO CAMBIATE SPESSO! Questo per due motivi importantissimi: primo per avere sempre un buon livello di filtraggio e secondo per evitare che si formino muffe all’interno dalla cartuccia. Ci sono infatti alcune muffe particolarmente bastarde che possono essere tossiche per il nostro organismo e dalle quali bisogna ben guardarsi, ma di questo parleremo in una prossima puntata, nel frattempo cin-cin (analcolico, non barate!)

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Il manuale delle unghie consapevoli

 Rosso, viola ma anche nero o blu, le unghie smaltate ti fanno subito sentire più elegante e curata, avete mai pensato però che ci si debba davvero curare dello smalto?

Gli smalti per le unghie infatti non sono tutti uguali, anzi! Date un’occhiata ai componenti dello smalto che acquistate, c’è dentro il toluene? la formaldeide? un acronimo strano.. il DBP?

Il mercato offre oggi diversi tipi di smalti per unghie e tanti marchi si premurano di pubblicizzare le formule toluene free, DBP free, … Se spendono dei soldi per farci sapere che non usano certi componenti un motivo ci sarà…

Partiamo dall’inizio… a cosa servono?

Il toluene è un solvente, è un po’ il prezzemolo dell’industria chimica, lo si trova dappertutto e nel caso delle nostre unghie serve a far si che lo smalto si stenda più facilmente. E come per il prezzemolo ci si accorge subito quando non c’è, lo smalto risulta mooolto più difficile da applicare e si asciuga mooolto più lentamente. Il toluene infatti “vola” molto facilmente e quindi, una volta steso, in parte “evapora”.

Ma dove scappa? Bè..purtroppo lo inaliamo! Fortunatamente non lo inaliamo tutto…  Ma il resto viene assorbito dalle nostre unghiette? Sono stati condotti molti studi sul livello di esposizione del toluene ed alcuni specifici per il toluene contenuto negli smalti per unghie, ad oggi non ci sono stati moniti di allerta sull’esposizione di toluene da smalti, si parla infatti di livelli che vanno da 1 a 4 ppm di solvente in aria per circa 30 minuti e sono pochini. Non ci sono però evidenze (o almeno non mi risultano!) sulla quantità o sull’eventualità che il toluene possa essere assorbito direttamente dalle unghie… insomma, nel dubbio, meglio evitarlo! 🙂  E’ abbastanza impressionante sapere che è una sostanza chimica classificata come irritante per la pelle, che può causare danni al feto, può provocare danni alla salute in caso di esposizioni prolungate … Anche se il limite espositivo nel caso dello smalto è sotto la soglia di rischio… in questo caso non m’interessa ne’ rischiare ne’ rosicare – tantomeno le unghie!

Per quanto riguarda la formaldeide la troviamo negli smalti “indurenti”. Anche per questa molecolina i limiti di esposizione non sono elevati, ma è classificata in modo non proprio carino… : oltre ai rischi del toluene la formaldeide è R40 che vuol dire letteralmente “possibilità di effetti cancerogeni-prove insufficienti”.

Il DBP, letteralmente dibutilFTALATO, è un plastificante comunissimo per il pvc e, negli smalti per unghie, serve per aiutare a evitare l’erosione.

Alcuni studi hanno dimostrato che si tratta di un distruttore endocrino, che significa che colpisce il sistema ormonale responsabile dello sviluppo riproduttivo. Ora, sebbene ci sia cautela nel collegare la tossicità propria del DBP alla sua bassa concentrazione negli smalti, vi segnalo che il DBP è classificato come possibile causa di ridotta fertilità, possibile danneggiamento ai feti, altamente tossico per gli organismi acquatici.

Di seguito trovate i pittogrammi relativi alle sostanze in questione:

 

 

Io li evito, magari mi preoccupo troppo ma ho delle unghie bellissime!! 😉

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Topinambur

Se non siete piemontesi vi starete magari immaginando il topinambur con due grosse orecchie e il muso a punta… bè, non è un abitante di  Topolinia ma una specie di patata che sembra zenzero e sa di carciofo… che detta così… però è davvero BUONO, di gusto e di indole. Infatti è un toccasana nell’alimentazione dei diabetici e un ottimo amico di chi ha il colesterolo alto.

topinambur

Tutto questo bendiddio di virtù è regalato dall’inulina (che rappresenta circa il 15% del peso del topinambur). L’inulina è una “gran” molecola, ha l’aspetto di una matassa di cotone grezzo formata anche da più catene di fruttosio. Il fruttosio è uno zucchero molto simile a quello normale ma viene assorbito dall’organismo in modo molto più semplice e stanca meno tutti gli organi che partecipano alla digestione, pancreas in primis. Quindi la buona notizia per i diabetici è che l’apparato digerente è molto meno sollecitato rispetto allo zucchero comune ed in più il fruttosio dolcifica di più*! L’inulina fa aumentare i batteri buoni del nostro intestino (bifidobatteri e lactobacilli – quelli che si trovano negli yogurt dei supermercati 😉 ). Infatti passa indenne attraverso tutto il nostro apparato gastrico, arrivando fino al colon ed agendo da fertilizzante per la nostra flora residente. Pare che i nostri amici batteri si nutrano di molecole di colesterolo e trigliceridi facendole quindi in parte sparire dal nostro organismo[1].

Tutto bello buono e sano ma come lo trattiamo il topinamburino? Che ne dite di una zuppa?

Preparate un soffritto di cipolla ed aggiungete 450g di topinambur e una patata a tocchetti, fateli andare per qualche minuto. Aggiungete ½ litro d’acqua e portate ad ebollizione. Lasciate sobbollire per 40 minuti (o 20 in pentola a pressione) ed il gioco è fatto! Frullate, aggiustate di sale, pepe e parmigiano e, a piacimento, aggiungete un po’ di cannella in polvere. Bon appetit!

*potere dolcificante 133 a 100


[1] Functional foods, Volume 1pagg. 1-7 Glenn R. Gibson, IFIS Publishing, 2005

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Tempo di brrr Brulè!

spezie….brrr!! con il freddo che fa stasera vorrei solo bere una tazza di vin brulè fumante…con quel profumo di spezie ci sente subito a Natale! Certo il massimo è sorseggiarlo in un chioschetto dei mercatini natalizi teutonici ma visto che il gelo si è abbattuto anche sulla nostra penisoletta,  farselo in casa non sarebbe male, soprattutto perché è una ricetta facile e veloce e … sana!

Sì, vabbè, va bevuto con moderazione perché è pur sempre un cocktail alcolico però –come diceva la settimana enigmistica- forse non tutti sanno che… è un ottimo antiinfluenzale, antiossidante, ma soprattutto ha spiccate proprietà disinfettanti e anti infiammatorie… Quindi tutti più giovani, sani e cannellosi col vin brulè

Tutto questo bendiddio di benefici è dovuto all’eugenolo… “che è?” direte voi… “se magna???”  in realtà “se beve” ed è proprio il caso di dire ALLA SALUTE!

Molecola di Eugenolo

L’eugenolo, a vederlo, sembra un vermetto ciccione (i 2 ossigeni rossi sembrano due occhietti, no?) invece è una molecolina presente in particolari olii essenziali, come quelli che si estraggono dai chiodi di garofano e, in misura minore, dalla cannella. PROPRIO I DUE INGREDIENTI PRINCIPALI DEL NOSTRO BRULE’!

L’eugenolo viene usato anche come principio attivo in campo medico dentistico, è presente infatti nelle paste temporanee e viene usato come disinfettante dopo l’estrazione di un dente, ma preferisco un buon brulè all’estrazione di un dente!

Una curiosità: dall’eugenolo, con una serie di trasformazioni chimiche, si ottiene la vanillina!… resto dell’idea di consumare la vaniglia in stecche, chiamatemi pure tradizionalista 😉

Ricetta:

riunite in un tegame d’acciaio la scorza di ½ limone e ½ arancia (evitando di tagliare anche la parte bianca), 1 o 2 stecche di cannella, chiodi di garofano, anice stellato (3 o 4 stelline) e le spezie che preferite (cardamomo, noce moscata o anche dell’uva passa), 200 grammi di zucchero semolato e una bottiglia di vino (non serve che sia eccessivamente costoso );

Ora, non pensiamo alle vitamine apportate dal limone e dall’arancia… la buccia ne contiene pochissime e si degradano per la maggior parte in fase di cottura. Le vitamine, in genere, si rompono prima di bollire, non conservando le loro proprietà . Quindi…per il pieno di vitamine affidiamoci alle spremute!

portate lentamente ad ebollizione, fino a quando lo zucchero si sarà sciolto, a questo punto (facendo attenzione, a meno che non vogliate indossare una simpatica parrucca da babbo natale per nascondere le ustioni!) avvicinate una fiamma alla superficie del vino e aspettate che il fuoco si spenga. Filtratelo con un colino a maglie strette e servite caldissimo!

Portando a ebollizione il vostro pentolone avrete due cose importanti da considerare: la prima è che ciò che evapora è l’alcol, a 78 gradi abbondanti. La seconda, più entusiasmante, è che il brulènostro amico eugenolo se ne sta in pentola perché bollirebbe a quasi 255 gradi e vi sfido a raggiungere una simil temperatura

Tenete presente che l’alcol non evapora completamente! Il brulè è una bevanda alcolica! PAY ATTENTION 😉

L’ideale è servirlo in tazze di ceramica piuttosto che nei bicchieri di vetro…per i botti aspettiamo Capodanno! E scordatevi la plastica, con quel calore non vorrete mica rovinare il bicchiere e soprattutto, il gusto di questo meraviglioso elisir invernale! 😉

PROSIT!

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